
Costanza Trotti Bentivoglio Arconati
I benefici non erano soltanto dissimulati con la più ingenerosa delicatezza, ma venivano quasi imposti con la più dolce violenza e con rimproveri a chi si fosse per fierezza ricusato di accoglierli
"Peppino" (Giuseppe Arconati Visconti)
1800, 21 giugno. Nasce a Vienna Costanza Anna Luisa Trotti Arconati. Trascorre tranquillamente nella capitale austriaca la sua infanzia e la sua giovinezza, dove riceve un’educazione classica presso alcuni collegi ecclesiastici. Bella e forte di spirito, intelligente e colta, a differenza della principessa di Belgioioso, che fu sua acerrima rivale, non rimase prigioniera del ruolo che una società dominata dal sesso maschile imponeva alle donne.
1817. A soli diciassette anni si sposa con il cugino Giuseppe Arconati Visconti, erede di un immenso patrimonio in immobili e in tenute agricole e da quel giorno comincia a farsi notare dalla società. Divide la sua residenza con il marito tra Milano e Torino e ciò permette a Giuseppe Arconati di frequentare i circoli eversivi di entrambe le città.
1821. Federico Confalonieri, alla vigilia dei moti del ‘21, caratterizzati dalla rivoluzione piemontese propone a Giuseppe Arconati di partecipare ad una repentina azione armata contro gli austriaci confidando nell’aiuto di Carlo Alberto per la conquista della Lombardia, ma invece il principe si tira indietro, venendo meno alla fiducia che i patrioti hanno riposto in lui. I congiurati, denunciati da un delatore, Carlo De Castiglia sono subito sottoposti ai rigori di una commissione inquirente; su consiglio della madre di Costanza, Antonia, che, avendo vissuto per anni alla corte degli Asburgo, conosce bene ogni mossa del governo, i due coniugi partono prima per Torino e poi proseguono alla volta di Parigi. Costanza a differenza del marito non fa un’intensa vita mondana e preferisce il silenzio e la solitudine del ritiro casalingo, tutta presa a impartire una severa educazione al figlio Carletto, portato con sé dall’Italia. Sin dal suo arrivo a Parigi dimostra sfiducia nei confronti dei francesi, che considera sleali, e chiede al marito di trasferirsi al più presto.
1822. Il marito Giuseppe riceve in eredità da uno zio un palazzo nel centro storico della Capitale Belga e un celebre castello nei dintorni, a Gaesbeck. I due coniugi si trasferiscono dunque a Bruxelles, dove la loro reggia diviene rifugio per gli esuli italiani. Di tanto in tanto i due sempre accompagnati dal figlio Carletto, a cui hanno imposto di imparare la lingua di Goethe, si recano a Berlino; gli altri componenti del gruppo non approvano minimamente che a un bambino italiano, il cui padre soffre la persecuzione degli austriaci, si insegnino la lingua e la cultura degli oppressori, ma Costanza si difende dicendo che i nemici non sono il popolo e la cultura tedeschi, ma il governo prussiano. Quasi a moderare queste asserzioni chiama a Berlino il famoso letterato Giovanni Berchet, per insegnare l’italianità al piccolo Carlo. Berchet subisce subito il fascino della bella marchesa e inizia a inviarle lettere, dove le confessa di provare per lei una “certa simpatia”.
1822, 19 Ottobre. Una commissione austriaca d’inchiesta annuncia l’apertura del processo contro venticinque dei patrioti che, nella primavera dell’anno prima, avevano promosso i famosi moti rivoluzionari. Sull’imputato Giuseppe Arconati Visconti pesa l’accusa di essere uno dei più autorevoli esponenti della Federazione Italiana, una società segreta che si era proposta di operare per l’abbattimento del governo austriaco in Italia. Più specificamente l’Arconati è accusato di aver sollecitato l’intervento dell’esercito piemontese per la liberazione del Lombardo-Veneto e di aver lautamente finanziato i cospiratori.
1824, 21 Gennaio. Si conclude il processo e vengono emesse numerose condanne a morte, compresa quella dell’Arconati e dell’amico Giovanni Arrivabene, i quali, nonostante la condanna, risiedendo all’estero, rimangono in libertà. Arconati sebbene libero si mostra sempre brusco e scontroso anche nei confronti della moglie, preoccupato per la propria situazione; il matrimonio sembra sull’orlo della crisi. La marchesa entra in contatto con i più celebri intellettuali tedeschi e riesce a tener testa in un eccellente tedesco; ella anzi diviene famosa per i taglienti giudizi, che non risparmiano nessuno. Le osservazioni spietate che lancia contro tutto e tutti le precludono inizialmente il favore della buona società prussiana, mentre in seguito sarà molto ricercata da intellettuali e artisti che le dedicheranno numerose opere.
1834, Marzo. Il governo prussiano per accondiscendere alle richieste del principe austriaco di Metternich, vuole cacciare da Berlino Arconati e Berchet, in quanto “persone non gradite”; si leva allora in quel momento la protesta degli intellettuali prussiani, che nutrono ora una grande simpatia per la Visconti, contro la loro espulsione, ma è tutto inutile. Il marchese e il poeta devono lasciare la Prussia e Costanza, anche se non coinvolta dal duro provvedimento, vorrà seguirli come ulteriore testimonianza della sua indignazione. Durante il soggiorno prussiano sono migliorati i rapporti con il marito, mentre sono peggiorati quelli con Giovanni Berchet; essendo venuti allo scoperto i caratteri dei due amanti; la marchesa, donna libera e indipendente, credeva possibile avere nello stesso tempo due o più passioni. L’affievolirsi del suo interesse per Berchet e la partenza dalla Prussia fanno sì che la Visconti torni ad innamorarsi dell’Italia e della battaglia per l’indipendenza. Come la Confalonieri, Costanza tenta, attraverso i parenti della madre che hanno accesso alla corte d’Austria di commuovere l’Imperatore, in modo da alleviare le pene, ma i suoi tentativi si rivelano vani. Costanza Arconati non riesce a capire perché i governanti piemontesi non si pongano all’altezza del compito che il destino ha loro riservato: guidare un esercito alla liberazione dell’Italia. Ella vorrebbe mettersi in prima fila nella lotta per la rivoluzione, ma non può far altro che tessere una fitta rete di corrispondenza con i patrioti in prigione, in particolare con Federico Confalonieri e con Giorgio Pallavicino.
1838. Il governo austriaco concede un’amnistia, cosicché anche Giuseppe Arconati Visconti può tornare in Italia. Dietro la attività di “cronista culturale”, come viene definita l'impegno della marchesa, si cela un’intensa attività patriottica di messaggera; ella porta infatti sempre a destinazione i dispacci dei carbonari, in Francia, in Belgio, in Germania, dovunque. Invece che a Milano vive a Pisa, la città in cui un gruppo di intellettuali, capeggiato da Giuseppe Giusti e Giuseppe Montanelli, sta conducendo forti azioni antiaustriache. Propone anche all’ateneo Pisano di affidare un cattedra prima a Gioberti e poi a Michele Amari , ma l’opposizione dei più conservatori fa sì che le sue richieste siano rifiutate.
1846. Indispettita lascia Pisa per Roma proprio in coincidenza con l'elezione a pontefice del Cardinale Mastai Ferretti, il futuro Pio IX.
1848. L’insurrezione milanese, la coglie di sorpresa e la richiama nella capitale lombarda, dove si pone a fianco del marito che si batte per l’immediata unione del Lombardo-Veneto al Piemonte, sotto il comando di Carlo Alberto.
1857, Febbraio. Il vecchio maresciallo Radetzky viene esonerato e gli succede nella carica di governatore del Lombardo-Veneto l’Arciduca Massimiliano, fratello dell’Imperatore.
1871, 21 Maggio. Costanza, non regge al dispiacere della notizia dell’imminente morte del suo secondogenito Gianmartino, per una malattia incurabile contratta in un viaggio, e muore, settantunenne, in un edificio adiacente alla reggia di Francesco Giuseppe, l’imperatore che, con il suo odio per l’Italia, ne ha profondamente segnato l’esistenza.
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